Il 4 luglio 2017 è entrato in vigore il D.Lgs. n. 90/2017, attuativo della direttiva UE 2015/849 (c.d. IV direttiva antiriciclaggio), modificando il preesistente D.Lgs. 231/07.
Sono trascorsi quasi quattro mesi e, ciononostante, continua a regnare l’incertezza tra i destinatari della norma. Allo stato attuale, il decreto risulta “incompleto” e la mancanza di una disciplina transitoria alimenta dubbi e aumenta la discrezionalità interpretativa.
La questione si complica ulteriormente per i Consulenti del Lavoro, categoria per cui da anni permangono dubbi interpretativi sulla reale estensione degli adempimenti previsti dalla norma.
La vicenda è ormai nota. Il D.Lgs. 56/2004, in vigore dal 22/04/2006, per la prima volta estendeva gli obblighi antiriciclaggio ai professionisti, e, tra questi, ai Consulenti del Lavoro, delineando con precisione, attraverso i decreti attuativi, gli adempimenti e la loro portata.
Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 231/2007 (29/12/2007), sorgevano i primi dubbi interpretativi. La norma riscriveva la disciplina, ampliando gli obblighi a carico dei professionisti e introducendo, all’art. 12, comma 3, l’esenzione dall’adeguata verifica per gli adempimenti in materia di amministrazione del personale di cui alla L. n. 12/1979.
Il primo tentativo di chiarire e delimitare la portata di tale esonero arrivava il 26/03/2013: rispondendo a un quesito, la Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro circoscriveva, di fatto, l’esenzione agli adempimenti per l’elaborazione di paghe e contributi. Il 27/05/2013, tuttavia, la stessa Fondazione emanava il parere n. 2 da cui sembrava evincersi un’interpretazione più estensiva, tale da ricomprendere non solo l’elaborazione dei cedolini, ma tutte le attività annesse e connesse alla gestione del personale.
Ed infine, prima con la circolare n. 1137 dell’11/12/2016 e poi, all’indomani dell’entrata in vigore del nuovo decreto, con la circolare n. 1144 del 5/09/2017, interveniva il CNO delimitando con una certa precisione l’esonero relativo all’amministrazione del personale ed elencando, a titolo esemplificativo, tutte le attività svolte da un Consulente del Lavoro per le quali trovano regolarmente applicazione gli adempimenti di legge: consulenza aziendale e contrattuale continuativa; consulenza per la predisposizione e la gestione di un piano di assunzioni di personale; gestioni di posizioni previdenziali e assicurative; ispezioni amministrative, verifiche contabili e certificazioni; etc..
Entrambe le circolari sembrano eliminare tutti i dubbi interpretativi sull’esenzione oggi contenuta nell’art. 17, comma 7, del D.Lgs. 231/07. Anche a parere di chi scrive, la precisa espressione utilizzata (“adempimenti”) tende a circoscrivere l’esonero alle attività previste dalla legge n. 12/1979, escludendo la ben più complessa attività di consulenza svolta dal Consulte del Lavoro.
E’ doveroso altresì rilevare come, in ogni caso, l’esenzione in parola sia sempre stata limitata al solo obbligo di adeguata verifica della clientela (e registrazione) e non agli altri adempienti cui, pertanto, sono sempre stati assoggettati i Consulenti del Lavoro. E invero, oltre all’adeguata verifica, i professionisti sono oggi soggetti, tra gli altri, all’obbligo di conservazione dei dati, di segnalazione di operazioni sospette, di comunicazione di infrazioni nell’utilizzo del contante e di formazione del personale.
In definitiva, il legislatore considera i Consulenti del Lavoro tra i principali soggetti destinatari dell’intera disciplina, stante la loro attività ad ampio raggio e, pertanto, attori principali nella prevenzione e contrasto dell’uso del sistema economico e finanziario a scopo di riciclaggio e finanziamento del terrorismo.
Come accennato in introduzione, in assenza di decreti attuativi e regolamenti specifici, restano un’incognita le modalità di esecuzione degli obblighi, così come previste dalla nuova formulazione del D.Lgs. 231/07. Se da un lato l’abrogazione dell’obbligo di registrazione viene accolta con un certo entusiasmo, dall’altro sorgono numerosi dubbi sulle nuove modalità di conservazione.
L’attuale vuoto normativo è destinato ad essere colmato all’indomani dell’emanazione delle regole tecniche da parte degli Ordini Professionali, una delle novità di maggior rilievo previste dal decreto (art. 11). Delicato il compito demandato agli Ordini, che si trovano nella difficile posizione di redigere regole chiare e semplici, che ottengano il placet del Comitato di sicurezza finanziaria, senza appesantire troppo, tuttavia, il lavoro dei propri iscritti che operano quotidianamente in settori già oberati da adempimenti e scadenze. Ancor più delicata è l’attività di controllo che la nuova norma delega agli stessi Ordini, i quali dovranno applicare sanzioni disciplinari a fronte di violazioni degli obblighi previsti.
In attesa che l’intervento degli Ordini fornisca maggior chiarezza, tuttavia, non si arresta l’attività ispettiva della GdF negli studi. Tralasciando ogni intento polemico, quel che resta è una sensazione di profonda amarezza per l’operato complessivo del legislatore, il quale ha mancato l’occasione di delineare con chiarezza una disciplina che da anni sembra non trovare pace. Non rimane che affidarsi agli Ordini Professionali, oggi più che mai chiamati a fornire il massimo supporto ai propri iscritti.