Assistenza congiunta in giudizio di avvocato e dottore commercialista
Il primo quesito affronta il tema degli adempimenti antiriciclaggio da assolvere nel caso di assistenza di un cliente in un procedimento presso la Commissione Tributaria da parte di un avvocato e di un dottore commercialista facenti parte del medesimo studio associato.
Il quesito nasce dalla circostanza per la quale l’assistenza nei procedimenti giudiziari svolta dall’avvocato, non rientrando tra le attività previste dall’art. 3, c. 4, lett. c) del D.Lgs. n. 231/07, non costituirebbe prestazione da assoggettare agli obblighi di adeguata verifica della clientela.
Nell’analizzare la questione, la Guardia di Finanza evidenzia come «la prestazione professionale incardinata presso lo studio associato», effettuata da avvocati e dottori commercialisti, debba comunque seguire le disposizioni sull’adeguata verifica ed essere valutata per il rischio in concreto rilevato, nonostante l’assistenza in un procedimento tributario non rientri nel novero delle attività che prevedono l’osservanza degli adempimenti antiriciclaggio in capo agli avvocati.
Infatti, a parere della Guardia di Finanza, non è possibile individuare in via automatica e preventiva fattispecie rispetto a cui operano sostanziali presunzioni di assenza di rischio di riciclaggio, come sottolineato nel parere del 6 dicembre 2018 rilasciato dal Comitato di sicurezza finanziaria in riferimento alle regole tecniche emanate dal CNDCEC nel giugno dello stesso anno.
La risposta fornita, tuttavia, non appare di immediata lettura.
Non è chiaro, infatti, se la Guardia di Finanza intenda attribuire tali oneri allo studio associato, al solo commercialista o a entrambi i professionisti.
La prima interpretazione è da escludere, in considerazione del carattere assolutamente personale dell’adeguata verifica, adempimento certamente riferibile al singolo professionista. Tale conclusione, tra l’altro, mal si concilierebbe con la risposta fornita dalla stessa Guardia di Finanza in merito alla cd. Autovalutazione del rischio in occasione del V Forum nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, organizzato il 25 gennaio 2022 da ItaliaOggi e Cnpr. In tale occasione, infatti, è stata negata di fatto la possibilità per gli studi associati di “accentrare” l’adempimento che, in quanto proprio del singolo professionista, non sarebbe delegabile a terzi, anche in presenza di uno studio associato.
La seconda soluzione, sebbene di fatto coerente con l’attuale interpretazione predominante, comporterebbe in realtà una evidente disparità di trattamento tra due professionisti appartenenti a categorie professionali sì differenti, ma che operano all’interno del medesimo studio associato, svolgendo la medesima prestazione per il medesimo cliente.
Accogliendo l’ultima impostazione e, quindi, considerando entrambi i professionisti destinatari dell’adempimento, invece, assisteremmo a una interpretazione che parrebbe andar oltre la volontà stessa del legislatore (art. 3, comma 4, lett. c), D.lgs. n. 231/2007) nonché quanto stabilito dal CNF nelle Regole Tecniche emanate nel settembre 2019.
Dalla risposta fornita dalla Guardia di Finanza non è possibile ricavare con chiarezza tale dato, considerato che l’affermazione conclusiva della risposta al quesito («nel caso di specie, le norme vigenti impongono di procedere all’identificazione del cliente e alla sua adeguata verifica al momento del conferimento dell’incarico») omette di indicare il destinatario.
Probabilmente sarebbe stata preferibile una soluzione che, al contrario, per analogia, esonerasse espressamente dall’onere di adeguata verifica anche il professionista che, seppur non iscritto all’albo degli avvocati, si trovi a svolgere, congiuntamente ad un avvocato, attività di assistenza di un cliente in un procedimento presso la Commissione Tributaria.
Nulla quaestio, infine, riguardo l’insussistenza dell’obbligo di segnalazione di operazione sospetta per le informazioni correlate all’espletamento dei compiti di difesa. Oltre alle garanzie derivanti dal diritto ad un giusto processo, infatti, sussiste per il professionista un dovere deontologico di segretezza e riservatezza delle informazioni acquisite in ambito difensivo, confermato dall’art. 35 c. 5 del D.Lgs. 231/07. Nel merito si è, inoltre, pronunciata la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ribadendo che la collaborazione attiva ai fini antiriciclaggio è limitata alle sole informazioni non direttamente pertinenti l’attività di difesa.
Nomina CTP da parte di un avvocato di un dottore commercialista
Il secondo quesito, anch’esso relativo al tema dei possibili esoneri, esamina la circostanza in cui un dottore commercialista sia nominato quale Consulente Tecnico di Parte da un avvocato ed è volto a chiarire se, in tal caso, il commercialista sia esonerato dagli obblighi antiriciclaggio restando gli stessi a carico del professionista che lo ha nominato.
Nella risposta fornita, la Guardia di Finanza, di fatto, equipara il caso in esame a quello del commercialista che riceve l’incarico dall’autorità giudiziaria (CTU – Consulenza Tecnico d’Ufficio). Infatti, precisa la Guardia di Finanza, il parere reso nel giugno del 2006 dall’allora Ufficio Italiano Cambi – secondo il quale l’attività svolta dal consulente tecnico a seguito di un incarico dell’Autorità Giudiziaria (ad es., curatore fallimentare o consulente tecnico d’ufficio) è esclusa dall’applicazione delle disposizioni antiriciclaggio, non ravvisandosi nella fattispecie né la nozione di cliente né quella di prestazione professionale – ha perso efficacia anche a seguito dell’emanazione delle regole tecniche del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili del gennaio 2019. Con tale documento, infatti, per gli incarichi derivanti da nomine giudiziali, il CNDCEC ha previsto l’applicazione di specifiche regole di condotta, consistenti nella necessità di acquisire e conservare la copia della nomina da parte della medesima Autorità, al fine di assolvere gli obblighi di cui agli artt. 17 e seguenti del D.lgs. n. 231/2007.
Allo stesso modo, quindi, nel caso di nomina a Consulente Tecnico di Parte effettuata da un avvocato, il professionista ha l’obbligo di acquisire e conservare copia della suddetta nomina contenente l’oggetto dell’incarico.
Infine, precisa la Guardia di Finanza, trattandosi di “compiti di difesa” di cui all’art. 35, co. 5, del D.Lgs. n. 231/2007, resta ferma, anche in questo caso, l’esenzione dall’obbligo di segnalazione di operazioni sospette.
Senz’altro condivisibile l’interpretazione fornita dalla Guardia di Finanza che, attraverso il ricorso all’analogia con quanto previsto dalle Regole tecniche per gli incarichi ricevuti dall’autorità giudiziaria, semplifica gli adempimenti in quei casi in cui il professionista si interfacci con l’autorità giudiziaria.
Restano ancora numerose le questioni irrisolte legate al D.lgs. n. 231/2007. Non resta che augurarsi un intervento chiarificatore del MEF, anche al fine di evitare che dilaghino interpretazioni contrastanti da parte dei diversi soggetti chiamati in causa dalla norma.